Sacro Modem

7 – Religioni on line e cybereligioni

Le religioni istituzionali, la Chiesa Cattolica, le grandi chiese protestanti, i Mormoni ma anche i principali centri islamici ed ebrei, per adesso preferiscono continuare su internet la loro struttura tradizionale, sforzandosi di controllare i visitatori dei loro siti e mantenendo una comunicazione monologica, verticistica. I web relativi vengono utilizzati prevalentemente per presentare, soprattutto ai non credenti, la chiesa e il suo messaggio spirituale o per fornire, soprattutto ai credenti, informazioni (ad esempio sui contenuti religiosi, sulla dottrina, sull’organizzazione) e servizi (vendita di materiale religioso o libri), per diffondere i principali testi sacri, presentare commenti, presentare un punto di vista orientato su questioni di rilevanza sociale o politica. In genere l’interattività in questi web è deliberatamente limitata: questi siti si presentano come finestre il cui scopo è fornire ai visitatori un panorama sulla specificità della religione in questione oppure di utilizzare servizi predisposti ma non di dialogare. Questo carattere è stato da alcuni considerato un limite in quanto pone il visitatore in una condizione tutto sommato passiva, di ricettore di un messaggio predisposto, una condizione che sarebbe contraria non solo allo spirito di internet ma anche, soprattutto, al desiderio di comunicare liberamente che, viene asserito, muove molti fedeli. Jeff Zaleski (Zaleski 1997, p. 128), uno dei primi sociologi della religione in internet, ad esempio ha criticato in tal senso il sito del Vaticano (http://www.vatican.va). Pur apprezzandone la cura dei particolari, la funzionalità e le qualità estetiche, Zaleski lo accusa di due grossi limiti: di non avere link ad altri siti, che equivale a tagliare i rapporti con il resto della Rete, e di usare internet solo per diffondere informazioni dall’alto al basso, in modo verticistico e secondo gli usuali schemi della comunicazione gerarchica. E’ un web che offre molte risorse ma non consente interazione. Emblematica è l’assenza nel web in questione persino di un indirizzo email cui rivolgersi e quindi della possibilità di contattare i responsabili del sito.

Queste critiche non paiono pienamente condivisibili. Accettarle significherebbe infatti ridurre internet al suo solo ruolo di interattività, ruolo certo importante ma non esclusivo. Il sito del Vaticano ha un gran successo in numero di visitatori segno che è gradito e che molti lo trovano utile così com’è. Se è vero che manca la possibilità di un contatto email e che non vi sono link a siti esterni al Vaticano stesso è pur vero che è possibile raggiungere tutti i web delle Pontificie Commissioni e di molte organizzazioni vaticane e da qui ampliarsi all’intero universo telematico del cattolicesimo. Qui il medium è adattato, in modo assai funzionale, alle usuali forme di comunicazione uno-molti e l’effetto, potenziato, è simile a quello delle comunicazioni religiose in Tv. Internet può essere usata per reperire informazioni, o per fornirle come nel caso del web vaticano, altrettanto quanto può essere usata per stabilire un dialogo diretto tra due o più persone. Sono, semplicemente, usi diversi. Quelle che, per semplicità, possiamo definire le religioni istituzionali cercano di stabilire con internet una presenza, e in particolare una presenza che ricalchi il ruolo e il controllo realizzato nel mondo reale (2). Non è possibile definire ciò un difetto né in qualche modo difettosa la navigazione di tanti, credenti o meno, in questi web.

Tenendo conto di ciò, alcuni autori (Helland 2000) hanno avanzato la proposta di distinguere metodologicamente tra formazioni religiose organizzate, chiese e movimenti, che usano internet per fornire informazioni e servizi per i credenti, o per presentarsi rispetto ai non credenti, e quelle forme religiose, dette online-religion, che invece utilizzano il web quale modalità di partecipazione religiosa diretta basata sull’interazione. Sono comunità, sorte proprio grazie a internet, che utilizzano questo strumento quale spazio adeguato per svolgere forme di partecipazione religiosa interattiva. Frequenti sono, ad esempio, le mailing list collegano gruppi di preghiera o i club per svolgere discussioni di temi religiosi. Rientrano in questa categoria anche le cyberchiese o le cyberfedi che utilizzano il cyberspazio per effettive azioni religiose on line.

Tutte le varie forme di religione, ovviamente, in linea di principio possono trovare espressione in entrambi i casi e comunicare coni fedeli secondo uno schema verticale, alto/basso oppure favorire forme di interazione diretta tramite il cyberspazio. Possono così esserci gruppi neopagani che usano il web in modo verticistico per fare pubblicità e informare sui diritti religiosi dei membri oltre che sulla dottrina (www.witchvox.com) e monasteri zen unicamente on line, che non necessitano di un luogo fisico per le loro meditazioni, gli insegnamenti e per le relative tecniche di disciplina (www.zen-mtn.org). Possono poi esserci fenomeni intermedi, come la diocesi cattolica virtuale di Partenia (www.partenia.fr) che organizza preghiere on line in modo interattivo e informa secondo il modello comunicativo uno-molti, gli immigrati clandestini (con un eccesso di ottimismo sulla possibilità di questi immigrati di accedere a internet) sui loro diritti. La distinzione, in altre parole, non riguarda i contenuti religiosi, il tipo di religione, ma l’uso che viene fatto della rete: se per comunicare dall’alto secondo il metodo tradizionale o se per sviluppare un dialogo orizzontale, una partecipazione in prima persona.

Quali che siano gli orientamenti e gli stili dei vari web, resta la constatazione evidente che moltissimi utenti utilizzano la rete per svolgere esperienze di carattere religioso, discutendo con altri, costituendo delle comunità, stabilendo rapporti e ricavando dalla visita a siti religiosi quelle informazioni e quei materiali ritenuti necessari o importanti sulla base di valutazioni del tutto soggettive e personali (A). Internet sta progressivamente costituendo una sorta di enciclopedia ove, sotto la categoria di religione, vanno a catalogarsi una infinità di temi ed elementi che sono, senza alcun limite e senza filtri, a disposizione dei singoli. S. Horfall (Horsfall 2000, p. 179) paragona internet a ciò che è accaduto quando la Bibbia è stata tradotta dal latino nelle lingue correnti: la disponibilità di materiale per chiunque lo desideri e la possibilità di decontestualizzare i vari elementi religiosi per costituire modelli del tutto personali ha portato ad una Personal Reformation la cui importanza sul piano religioso e culturale è comparabile con quanto causato dalla Riforma protestante. Ciascun individuo o gruppo può sviluppare il proprio pensiero e le sue vedute, corrispondano o meno ai canoni ufficiali, in modo del tutto autonomo e confrontarle liberamente con gli altri. La disponibilità di materiale per sostenere tutti i discorsi religiosi e anche per criticarli tutti, in definitiva lascia emergere come criterio ultimo di valutazione il soggettivismo. Tra i criteri di selezione del materiale religioso un ruolo importante sembra essere attribuito all’aspetto estetico, che sembra incidere pesantemente sull’incisività dei messaggi presenti in un web. Ciò perché la religiosità che gli utenti di internet condividono sembra essere prevalentemente una religiosità di carattere emotivo, nella quale gli aspetti intellettuali e gli approfondimenti teologici sembrano esser assai meno rilevanti dei vissuti individuali e dei contenuti esperienziali. Non le coerenze dottrinali sono l’interesse prevalente di chi usa internet a scopi religiosi ma la produzione di esperienze religiose. Accanto alle preghiere, alle cerimonie rituali on line, sono non a caso le testimonianze drammatiche uno dei più diffusi contenuti religiosi della rete, testimonianze la cui funzione, dal punto di vista chi le pone in rete e di chi le cerca e le legge, è quella di provocare una forte reazione emotiva. In modo solo a prima vista paradossale la rete, nata per lo scambio di informazioni scientifiche e dati tecnici, è in prevalenza usata per scambiare e condividere emozioni e sentimenti. Internet porta alle estreme conseguenze la trasformazione delle fedi in percorsi spirituali del tutto soggettivi, radicalizzando un processo già notato dai gli analisti della secolarizzazione. In questo senso internet diviene una sorta di supermercato del sacro nel quale ognuno prende i contenuti che ritiene opportuni. Processo che, chiaramente, favorisce a sua volta la decontestualizzazione dei vari contenuti di ciascun sistema religioso, il sincretismo, l’eclettismo più estremo.

Tutto ciò è chiaramente favorito dalla natura del medium (Helland 2000, p.p. 214-219): internet presenta di se stessa l’immagine di una comunità informale, libera, non gerarchizzata, aperta, ove i singoli interagiscono, senza alcun criterio oltre le proprie esigenze soggettive e i propri gusti, con sistemi di fedi religiose presenti on line e con le opinioni, i gusti e le esigenze di altri. Ciascuno contribuisce portando un contributo ed è influenzato dai contributi altrui, in un processo dialettico.

…while the new electronic communities o mirror the divisions of the old, based as they often are on narrow docrtinal or traditional affiliation, the boundaries that distinguish these groups are much more permeable and fluid than the old boundaries marked by class, race, geography and language (…) in particular, net discourse has the potential to level old hierarchies of authority and status or to allow people to move more freely among them, enabling (for example) people without theological training or status in a church hierarchy to engage in dialogues with clergy or university professors (Brasher 2001, p. 252).

In questi scambi comunicativi le fedi, i loro contenuti soprattutto, vengono sviluppate, alterate, trasformate, adattate e modificate secondo quello che i partecipanti intendono ricevere da esse. Tale soggettività estrema, e il conseguente eclettismo che ne deriva, non devono esser considerati necessariamente indici di superficialità. Al contrario la tendenza è quella al formarsi, attorno a queste interazioni religiose, di comunità più o meno piccole ma in genere assai attive: comunità religiose virtuali. Queste comunità, che si costituiscono attorno a nuclei di interesse, sono tutte caratterizzate in linea di principio, sul piano sociologico, dall’anonimato dei partecipanti. Poiché la comunicazione avviene, in pratica, esclusivamente tramite testi scritti digitati sulla tastiera, le interazioni si svolgono tutte in assenza di distinzioni riconoscibili tra i partecipanti, di segnali che chiariscano i ruoli sociali ricoperti nella vita quotidiana, gli status di competenze o altro. La conseguenza è un forte livellamento dei ruoli tra i partecipanti (3) ma soprattutto il limite alla possibilità di strutturarsi di queste comunità. Internet costituisce una specie di zona margine, ove le usuali condizioni sociali, culturali, gerarchiche, sono sospese a favore di strutture rudimentali e provvisorie, non-strutture, scarsamente differenziate ed ambigue. Anche se è possibile che l’analisi sociologica di internet riservi delle sorprese in tal senso, al momento quelle che si realizzano nel cyberspazio, attorno ad una mailing list, ad un forum , ad un web o un newsgroup di discussione, paiono come relazioni non strutturali caratterizzata dall’anonimato. Un carattere non strutturale che, nondimeno, come si accennava, non impedisce a molte di tali comunità di essere fortemente attive e di costituire tra i membri reali legami emotivi sulla base di una comune ricerca definibile come spirituale (4). Una delle conseguenze è che la comunità fisica, locale, cessa di essere il principale punto di riferimento. Comunità di persone con gli stessi interessi e modi di pensare si costituiscono nel cyberspazio e individui che hanno posizioni di minoranza nelle loro località di appartenenza possono esser parte mediante internet di una comunità assai ampia. Per gruppi diffusi internazionalmente e mobili internet costituisce una forma conveniente di interazione: organizzazione di incontri e contatti con chi è isolato, soprattutto se gli usuali servizi postali, per vari motivi, non sono attivi. Tuttavia non esiste una opposizione di principio tra i due modelli di comunità, fisica e virtuale. Le conoscenze nel cyberspazio possono poi trasformarsi in incontri reali e internet può essere il primo passo per stabilire in seguito contatti nella realtà fisica o per continuare relazioni già sviluppate in precedenza proprio nel mondo quotidiano. Le comunità virtuali non sembrano far perdere importanza a quelle reali né sostituiscono la comunicazione tradizionale basata su contati fisici, piuttosto si aggiungono a quelle reali come una ulteriore possibilità. Quella virtuale non cancella l’esperienza della comunità reale: si rafforzano reciprocamente.

Note

  1. Il Vaticano ha stabilito che l’infedeltà virtuale è un reale peccato.
  2. Del resto ciò non è affatto una peculiarità delle chiese storiche: la Chiesa di Scientologia, ad esempio, uno dei più caratteristici nuovi movimenti religiosi, ha un uso ancora più gerarchicamente controllato e verticistico del web.
  3. In realtà una gerarchia tende a costruirsi anche nelle comunità virtuali e quelli che possono esser definiti i "padroni della parola", che sanno scrivere più e meglio, tendono poi ad emergere. La facilità però con cui una comunità può essere abbandonata, con cui un individuo può lasciare un gruppo virtuale per cercarne un altro, il rischio per ciascuno dei leader di rimanere isolato e senza gregari, favorisce in ogni caso le tendenze al livellamento.
  4. Ovviamente le on line religion e le comunità religiose virtuali ampliano la possibilità di partecipazione a chi vive in luoghi remoti ma possono comportare anche il rischio di una partecipazione più debole proprio a causa del rapporto impersonale. Resta aperta la questione se questo indebolimento possa comportare una crisi di quei movimenti nei quali forte è l’aspetto profetico o carismatico del leader e in che modo influirà sulle NRM più fortemente caratterizzate in senso carismatico.