Sacro Modem

3 – Una risposta istituzionale

Di fronte all’esplosione spontanea delle tematiche religiose in internet le chiese ufficiali e i gruppi religiosi organizzati hanno inizialmente manifestato forti riserve e, almeno in un primo tempo, chiese e movimenti religiosi organizzati si sono mossi con una grande cautela. Per un certo periodo, e questo in parte è valido ancora oggi, si è espresso da più parti il timore che in internet si diffondano informazioni false o errate e, nel caso delle informazioni di carattere religioso, alcuni si sono preoccupati dell’aggressivo proselitismo svolto su internet da religioni diverse dalla propria. Soprattutto i giovani sono stati percepiti come vulnerabili e impressionabili e dunque bisognosi di protezione. Che internet possa offrire abbondanti fonti per una valutazione accurata di quei possibili inganni ed errori non è sempre stato ritenuto un sufficiente compenso: il timore di rapporti impersonali, di banalizzare i contenuti dei messaggi, di perdere in autenticità, ma anche di perdere il controllo sui membri, hanno rappresentato una forte remora per alcune chiese e gruppi. Le autorità religiose hanno presto compreso che le tradizionali gerarchie potevano rapidamente disgregarsi in quello che appariva come l’universo democratico e anarchico della rete; che non era possibile tenere sotto controllo le informazioni cui i fedeli avevano accesso; che questi potevano tendere a stabilire rapporti di collaborazione spirituale con membri di altre fedi scavalcando, se non ignorando, in tutto o in parte il personale religioso e le tradizionali attività. La possibilità, ben presto divenuta effettiva grazie alla natura interattiva di internet, che gruppi utilizzassero il cyberspazio per svolgere celebrazioni religiose on line, lontano dai tradizionali centri di culto e di riunione, ha sollevato forti perplessità da parte di varie autorità religiose delle principali chiese cristiane. Anche se mancano prese di posizione ufficiali in genere si è ritenuto che le pratiche rituali on line non consentano di stabilire una reale relazione con il divino; che la rete sia in grado di fornire nozioni e informazioni ma non preghiere e conversioni; che possa essere utile per scambiare consigli e pareri pastorali ma non per una reale adorazione. Ad esempio, le comunità ebraiche, tra e prime a utilizzare internet per facilitare lo studio biblico, non hanno costituito alcuna cyberchiesa, mentre le autorità islamiche si sono subito rivelate troppo tradizionaliste per considerare internet più di un efficiente strumento di comunicazione. In sostanza, proprio il carattere interattivo di internet e l’eccesso di libertà che vi è connesso, hanno spaventato molte autorità tradizionaliste, che hanno riservato a internet un sospetto che contrasta con l’entusiasmo con cui le stesse autorità si avvalgono di altri strumenti di comunicazione di massa, quali radio e Tv (3).

Accanto a queste posizioni tradizionaliste non sono mancate, tuttavia, anche in ambiente cristiano voci che si sono sollevate a difendere le potenzialità spirituali presenti in internet. C. Henderson, un pastore presbiteriano (Henderson 1997), confrontando la Bibbia ad un ipertesto ha rilevato che corre tra essi una surprisingly close resemblance: infatti la Bibbia, la cui composizione è stratificata dal punto sociale, culturale e cronologico, non può esser letta come un romanzo dall’inizio alla fine. Comporta continui richiami, passaggi, salti spazio-temporali, rinvii, esattamente come i link di un ipertesto: la Bibbia è un ipertesto e come questo richiede una applicazione attiva, intelligenza, ricerca. Con orgoglio Henderson ricorda come il Popolo del Libro, i Presbiteriani, siano per numero di presenze la prima denominazione religiosa del cyberspazio. Posizioni analoghe quelle di un giornalista esperto in questioni religiose, R. Thieme (Thieme 1997) per il quale, dopo quella orale, quella scritta e quella delle immagini, quella attuale digitale sia la quarta età nella comunicazione religiosa. Ciò comporterà inevitabili variazioni nella struttura religiosa, nei modi di apprendimento, nella costruzione delle esperienze religiose: pluralismo e nuovi messia salvifici conviveranno insieme e nuove forme di comunità religiosa si formeranno nel cyberspazio. L’esplorazione dello spazio esterno, compreso pertanto quello digitale, corrisponde sempre all'esplorazione dello spazio interiore e costituisce la base per autentiche esperienze spirituali. La riflessione teologica, secondo questo commentatore, è destinata a incorporare i cambiamenti di pensiero causati dalla realtà digitale. Non meno ottimista verso le possibilità spirituali aperte dal cyberspazio è M. Wertheim, docente di fisica, che ha scritto una storia delle interpretazioni dello spazio nella cultura occidentale. Secondo questa studiosa l’età moderna sarebbe stata caratterizzata dall’esplorazione dello spazio fisico umanizzabile (sulla terra e nell’universo) mentre quello interiore, dell’anima, soul space, sarebbe stato costantemente emarginato dall’orizzonte della ricerca. Ad avviso di Wertheim internet cambierà la situazione e lo spazio virtuale, il cyberspazio, è destinato a diventare il sostituto tecnologico dello spazio cristiano del cielo (Wertheim 1999, p. 16).

Al di là di queste entusiastiche interpretazioni teologiche o metafisiche, chiese e religioni organizzate si sono tutti trovati di fronte all’alternativa se rinunciare a internet, magari esercitando pressioni sui fedeli per disincentivare l’uso di questo strumento a scopo religioso, oppure se accettare la sfida e intervenire attivamente nella rete. In realtà la prima alternativa comportava tante difficoltà e rischi che, tranne pochissime eccezioni, è stata presto abbandonata anche dai pochi che hanno provato a seguirla. Nell’impossibilità materiale di impedire ai fedeli di servirsi di internet a scopo religioso, chiese e movimenti rischiavano da una parte di esporre senza guida i propri fedeli alle lusinghe di chiese e movimenti concorrenti e dall’altra di lasciar campo libere, sulla rete, alle voci di critici e avversari della propria fede. Per un gruppo religioso, infatti, non essere presente in rete significa lasciare circolare su internet solo i messaggi che parlano male della sua religione. E’ la situazione nella quale si sono trovati alcuni dei più discussi nuovi movimenti religiosi che si sono accorti con disappunto che sul cyberspazio si parlava molto di loro ma solo da parte di critici, ex membri delusi e organizzazioni anticulti. A parte poche eccezioni, pertanto, a tutte le varie organizzazioni religiose non è rimasto altro che intervenire attivamente in internet sia realizzando web ufficiali che divenissero punti di riferimento per fedeli e curiosi, sia offrendo, direttamente o indirettamente, una serie di servizi destinati a incanalare il più possibile lungo percorsi controllati le domande di religiosità presenti in rete. Una strada obbligata accettata in qualche caso con crescente entusiasmo e in altri con la consapevole rassegnazione che la natura di internet impedisce in linea di principio la possibilità di un reale controllo sui fedeli. Tutte le religioni vengono poste, per certi versi, sullo stesso piano e resta in ultima analisi al singolo fedele scegliere come orientarsi. In termini più precisi sarebbe meglio forse dire che i singoli utenti di internet interessati alla religione navigano in internet utilizzando come guida proprio la categoria di religione e fanno ricerche catalogando, equanimemente e senza alcuno scrupolo, sotto questa categoria elementi tratti dai più diversi contesti senza alcun rispetto – almeno questo è il timore di molte autorità religiose – per le coerenze ideologiche e storiche. Più che le religioni sono i singoli temi ad essere tutti appiattiti dalla categoria di religioso.

Le cautele e i tentennamenti verso internet che hanno caratterizzato le principali organizzazioni religiose non sono però state la regola assoluta. Molti gruppi hanno subito individuato nel nuovo mezzo l’opportunità di divulgare di fronte ad un pubblico pressoché illimitato e a basso costo il loro messaggio religioso. I gruppi minoritari, si pensi ad esempio a quelli di area satanista, che incontravano forti difficoltà ad esser presenti nella realtà effettiva, hanno presto apprezzato i vantaggi dell’anonimato e quelli di poter diffondere i loro principi fuori dalle usuali forme di controllo sociale. Alcune comunità religiose hanno eletto come loro luogo di azione proprio il cyberspazio approfittando della facilità di incontrarsi ad orari prefissati in chat plurime.

E’ possibile che la tradizionale azione pastorale dovrà adattarsi alla nuova situazione e subire modifiche. Anche se difficilmente le e-chiese rimpiazzeranno le chiese reali e la presenza effettiva, saranno verosimilmente necessarie da parte delle religioni organizzate tradizionali una serie di cambiamenti pastorali. Due sono le prospettive possibili. La prima è che le chiese utilizzino internet come canale aggiuntivo, oltre gli altri comunemente usati, per richiamare fedeli alle chiese; la seconda è che sorgano nuove congregazioni on line. Alcuni leader possono dubitare della possibilità di vera adorazione e spiritualità in rete, considerando internet poco efficace e troppo impersonale per un incontro effettivo. Il timore, più o meno consapevole, di perdere potere accresce la diffidenza verso le forme di religiosità on line. Se è vero, però, che le autorità tradizionali corrono il rischio di perdere molto, è anche vero che il web potrebbe anche richiamare molte anime disaffezionate alle chiese istituzionali (O’Leary 2000b).

Note

(3) Hadden e Shupe 1988; Stoll 1993 e Stoll 1994.